Dal nostro punto di vista, dato che si tratta di una la legge emanata dal Parlamento sulla base del testo esitato dalla IV Commissione legislativa ARS, e non di una legge di iniziativa del governo, che pure l'ha approvata, e che il testo è incardinato all'art. 14 lettera i dello Statuto, ("competenze esclusive in materia di acque pubbliche") che ha rango costituzionale, più logico sarebbe attendere le determinazioni del governo nazionale per rimettersi, nell'eventualità dell'impugnativa, al giudizio della Corte Costituzionale.
Modificare il testo approvato per renderlo potabile al governo, quando la Corte con sentenza 255/14 che porta la firma del Presidente Mattarella, ha cancellato la figura del Commissario dello stato in sicilia proprio perché ne comprimeva in modo preventivo i poteri legislativi, reitrodurrebbe in maniera surrettizia i poteri di controllo e di abrogazione di articoli ritenuti in contrasto con la legislazione nazionale esercitati dal governo attraverso il Commissario e cassati dalla Corte, senza dare ancora una volta la possibilità all'Assemblea regionale di verificare entro quali confini costituzionali la regione può leggittimamente legiferare. "La soppressione del controllo preventivo si traduce in un ampliamento dell'autonomia", recita la sentenza, reintroducendo la clausola di maggior favore che verrebbe meno se si rimettesse in discussione il testo prima dell'espressione della Consulta.
Lo scontro in atto, lo sappiamo, è sulla possibilità che la legge siciliana prevede, di dare gambe giuridiche alla volontà popolare espressa con i referendum 2011 in antitesi con quella del governo renzi che prevede invece la cancellazione di quella indicazione popolare, per privatizzare ed accentrare, sempre dalle dichiarazioni alla stampa, a quattro cinque multiutility quotate in borsa la gestione del servizio idrico, possibilmente insieme a quella di energia e rifiuti. Disegno perseguito attraverso il combinato disposto dello sblocca italia, della legge di stabilità e che trova compimento e finanziamento pubblico con la privatizzazione di cassa depositi e prestiti, e poste italiane, con cui ancora una volta i cittadini con i loro risparmi finanzieranno, inconsapevoli, i grandi raggruppamenti industriali per essere privati del diritto primario all'acqua, trasformata in merce su cui fare profitto, (possibilità abrogata dal secondo quesito del referendum sull'acqua e reintrodotta da AEEGSI che oggi muove i rilievi alla legge siciliana). È bene ricordare che anche la legge sblocca italia è sottoposta al giudizio di costituzionalità della Corte in seguito al ricorso delle regioni, cosi come le deliberazioni dell'AEEGSI in materia di tariffe è soggetta al ricorso del Forum Italiano dei movimenti per l'acqua.
La privatizzazione che in sicilia è stata voluta da Cuffaro e Lombardo con una spartizione a tavolino delle gestioni provinciali e la privatizzazione del sovrambito con la costituzione di siciliacque spa ha però gia mostrato di essere fallita sia economicamente, (il fallimento di APS e SAI 8 rispettivamente in prov. di palermo e siracusa ha lasciato debiti, disservizi e lavoratori sulle spalle del pubblico), che politicamente a fronte di una gestione di sovrambito che a causa del prezzo dell'acqua all'ingrosso fornita a comuni ed ATO fa impennare vertiginosamente le tariffe a beneficio della multinazionale francese Veolia, che detiene il 75% della società, senza peraltro lasciare granché nelle casse della regione proprietaria del restante 25% della spa. (Se e quanto lascia resta ad oggi un mistero).
In sicilia di contro si è avuta la piu ampia e continuativa mobilitazione di enti locali, movimenti e cittadini contro le privatizzazioni. 10 anni di lotte contro la consegna delle reti ai gestori privati, la prima proposta di legge di iniziativa Popolare e dei Consigli Comunali presentata in regione già dal 2010 e di cui la legge approvata è "figlia". I comuni che non hanno consegnato ai privati hanno mantenuto un buon servizio e tariffe bassissime rispetto a quelle dei comuni gestiti con "efficenza efficacia ed economicita" dai privati, il mantra che avrebbe dovuto convincerci che regalare le nostre risorse ai privati conviene. Ma se alla prova dei fatti è ormai sotto gli occhi di tutti che non è così, anzi che è esattamente il contrario, anche perché, e bene ricordarlo, tutti i costi del servizio idrico dall'adduzione alla distribuzione, dalla depurazione agli investimenti sono a carico della tariffa, quindi dei cittadini, perche l'assessore Contrafatto, che si autodefinisce Cassandra sulla legge approvata, si appresta a correre ai ripari "correggendola"?
È bene ricostruire alcuni passaggi intermedi; Contrafatto è il terzo assessore nominato con delega all'energia e servizi di pubblica utilità dal governo Crocetta. La IV Commissione incaricata di esaminare il ddl Popolare e Consiliare al suo insediamento, dopo sei mesi di sottocommisione ad hoc, nel 2013 vede stralciare il testo dalla discussione con la presentazione di un testo di riscrittura integrale del primo assessore Marino. Anche il suo successore Calleri ha presentato un testo di riscrittura integrale e cosi la Contrafatto. La IV Commissione però ha bocciato le due riscritture Calleri e Contrafatto per esitare un proprio testo che reintroduce nella prima riscrittura Marino molti dei contenuti del ddl Popolare e Consiliare. L'attuale assessore ha dato in IV Commissione parere contrario alla gran parte degli articoli del testo, ed in Aula, dove il testo è stato ulteriormente modificato dagli emendamenti dello stesso Crocetta, ne ha accettato l'approvazione in un clima di grande conflittualità interna al governo.
Il motivo è molto semplice, l'assessore Contrafatto non è passato per la leggittimazione popolare del voto e non ha potuto quindi verificare con i cittadini quanto sia lucida e consapevole la contrarietà alle privatizzazioni. È stato indicato dall'ala faraoniana del pd, ci dicono i giornali, quindi forse sostiene semplicemente un punto di vista coincidente ai desiderata della parte politica che l'ha espressa. Questo, a nostro parere, non dovrebbe esimere l'assessore da magistrato qual'è, dal dare attuazione e far rispettare la legge approvata, che ricalca quanto promesso ai siciliani dal governatore Crocetta in campagna elettorale, ma che sopratutto tiene conto della volontà espressa con la legge di iniziativa popolare e consiliare del 2010 e con i referendum popolari del 2011 che in sicilia hanno avuto un numero di elettori superiore a quanti ne ha ricevuto l'intero parlamento regionale, ed il 98,7 dei SI all'acqua bene comune ed alla cancellazione dei profitti sull'acqua.
La legge 19 non è la nostra, ma consente ai comuni di gestire attraverso enti di diritto pubblico in forma singola o associata la risorsa idrica, di rivedere i contratti di gestione in essere, verificarne le eventuali e ben note inadempienze per la risoluzione. Norma questa già contenuta nella finanziaria 2010 ma mai fatta applicare dalla regione a livello di ATO. Insomma offre la possibilità di tornare alla gestione pubblica e partecipativa delle acque, una possibilità prevista dal trattato di funzionamento dell'unione europa e ribadito con forza dalla risoluzione del parlamento europeo alla Commissione sull'Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) che ha raccolto nel 2013, anche con il nostro contibuto, oltre 3.000.000 di firme.
Dal nostro punto di vista, da promotori della legge popolare e dei referendum, da componenti del coordinamento per la democrazia costituzionale, la parola della Corte Costituzionale è l'unica a poter esprimere un parere sopra le parti alla quale attenersi per modificare, se fosse necessario, la legge 19.
Dal nostro punto di vista l'acqua resta un emblema degli altri beni comuni e della democrazia, sul quale 27.000.000 di cittadini si sono espressi in modo inequivocabile anche se ben quattro governi, da Berlusconi a Renzi, ne hanno aggirato la volontà continuando a promuovere e favorire le privatizzazioni.
Democrazia vorrebbe che in presenza di un ricorso, la regione attendesse il pronunciamento della Consulta, a garanzia della Costituzione, dello Statuto, delle prerogative dell'Assemblea regionale. Al contrario una operazione "pattizia" mortificherebbe oltre che il valore della sentenza della Corte sulla abrogazione del Commissario dello stato, la stessa potestà legislativa dell'Assemblea regionale, ancora una volta sottoposta al giudizio preventivo del governo nazionale che richiede per il tramite dell'assessore aggiustamenti concordati, anziché il vaglio Costituzionale.
Dal nostro punto di vista, ancora una volta, si scrive acqua, si legge democrazia.
Antonella leto
del Forum siciliano dei movimenti per l'Acqua ed i Beni Comuni