venerdì 25 ottobre 2013

Acqua pubblica !

Care cari,
vi segnalo che La Repubblica, nella pagina di Palermo, ha pubblicato ieri un' articolo a firma Luca Nivarra che commenta il testo di legge del Governo sull'Acqua all'esame della IV Commissione ARS. Ve lo inoltro nella versione integrale rispetto a quello pubblicato che ha qualche taglio di redazione.
Cari saluti
 
Vito Restivo
 
Il Prof Luca Nivarra -Universita' di Palermo
Costituzionalista e curatore  dei testi referendari per l'acqua pubblica
LUCA NIVARRA
UNA FINTA RIPUBBLICIZZAZIONE E UNA VERA CENTRALIZZAZIONE
Il disegno di legge Crocetta – Marino in materia di risorse idriche rappresenta un caso davvero esemplare della ormai cronica incapacità
del centrosinistra di operare scelte che vadano nel senso di una inversione di rotta, anche quando se ne diano tutte le condizioni
politiche e culturali. Più di due anni fa, ormai, un referendum popolare che registrò, per la prima volta dopo molti anni, il
raggiungimento del quorum prescritto dalla Costituzione, seppellì sotto una valanga di no una legge (il c.d. decreto Ronchi) che
accelerava ed estendeva ulteriormente la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Nei mesi successivi, le stesse forze politiche, che in modo palese o occulto avevano tentato di sabotare il referendum, provarono a sabotarne l’esito: così, prima il moribondo governo Berlusconi e poi il neonato governo Monti, trincerandosi dietro l’emergenza finanziaria e i richiami della Troika, reintrodussero una norma identica a quella che era stata cancellata dalla volontà popolare: norma che poi la Corte costituzionale ha dichiarato, nel
luglio di quest’anno, illegittima proprio per contrasto con l’art.75 Cost.
In Sicilia, nel frattempo, grazie alla combattività del Forum dei movimenti per l’acqua e alla sensibilità di alcuni deputati del PD, pur in presenza di una situazione politica nell’insieme non favorevole, veniva avviato l’esame del disegno di legge di iniziativa popolare che recepiva l’esito del referendum misurandosi, al contempo, con l’obiettivo di ridisegnare la complessiva fisionomia del settore.
Il governo Lombardo, nelle sue varie epifanie parlamentari, inclusa quella che contemplava il sostegno del PD, non mostrò alcuna disponibilità ad una interlocuzione su questo terreno e, anzi, si distinse per l’accanimento mostrato nei confronti di quei sindaci che, richiamandosi alla volontà popolare, si rifiutavano di consegnare le reti ai privati.
Il successo di Crocetta, il quale durante la sua campagna elettorale aveva impugnato la bandiera della ripubblicizzazione, come, del resto, quella della opposizione al MUOS, sembrava aprire la strada ad una rapida approvazione del disegno di legge iniziativa popolare. Ma, inopinatamente, dopo alcuni mesi contrassegnati da defatiganti audizioni presso le competenti commissioni parlamentari, presiedute da
volenterosi deputati il più delle volte totalmente all’oscuro dell’oggetto stesso della discussione, quel disegno di legge venne accantonato, sostituito da quello di iniziativa del Governo e presentato dallo stesso Presidente, oltreché dall’Assessore per l’energia e i servizi pubblici locali, Marino. Premesso che, trattandosi di un procedimento legislativo ancora in corso, ogni giudizio è, per forza di cose, allo stato degli atti, su due punti mi preme richiamare l’attenzione dei lettori. Il primo concerne il modello di governo del SII (Servizio idrico integrato) che emerge dall’articolato Crocetta – Marino il quale, apprezzabilmente, sposa il sistema del regolatore unico, sulla falsariga della legge toscana (n.69/2011), con alcune varianti indigene, assai meno
apprezzabili. In particolare, appare davvero sconcertante la scelta di far coincidere la figura del Direttore dell’Autorità regionale di Regolazione del SII (istituita e disciplinata dall’art.4) con quella del Dirigente Regionale del Dipartimento regionale dell’Acqua e dei Rifiuti (art.4, co.5). Si tratta di una soluzione che si presta ad almeno due rilievi critici. Il primo è che, a differenza di quanto avviene in Toscana, dove il Direttore è scelto dall’Assemblea dei Comuni, sia pure d’intesa con il Presidente della Regione, tra soggetti dotati di specifici requisiti soggettivi, nel caso della Sicilia non sarà possibile attingere al mercato per reperire un
profilo professionale che, tenuto conto della enorme complessità della materia, deve essere in possesso di competenze economiche e giuridiche di altissimo livello. Il secondo, di ordine più squisitamente istituzionale, è che in tal modo l’asse della regolazione viene spostata verso l’ente regionale, dando vita ad un bislacco impasto tra il livello politico, quello burocratico e quello propriamente regolatorio, a tutto svantaggio di quest’ultimo. Insomma, un assetto ancora una volta a trazione regionale, che sacrifica il livello comunale, quello più direttamente interessato al governo del servizio e che, inoltre, finisce per appannare la finalità di regolazione della istituenda Agenzia.
L’altro aspetto che merita, già fin d’ora, una segnalazione fortemente negativa è quello inerente alla forma della gestione. Al riguardo l’art.7, co.3 dispone che "l’Autorità di regolazione del servizio idrico affida la gestione del servizio a enti di diritto pubblico, anche territoriali. Ove le condizioni tecniche, amministrative, economiche e organizzative non consentano tale affidamento, di provvede mediante le altre modalità previste dall’ordinamento vigente". Nelle intenzioni del legislatore, questa sarebbe la norma destinata a consacrare l’esito del referendum, prevedendo una forma di gestione di tipo pubblicistico (l’azienda speciale o, addirittura, la gestione diretta della cui legittimità è però oggi lecito dubitare). Tuttavia, la previsione di possibili
eccezioni ancorata alla ricorrenza di condizioni vaghe e indeterminate, oltre ad esporre la norma ad una quasi sicura impugnativa da parte del Commissario dello Stato per contrarietà al diritto dell’Unione, rischia poi di spalancare la strada ad una privatizzazione strisciante e surrettizia che è ciò di cui la Sicilia, tenuto conto delle esperienze sin qui accumulate, sicuramente non ha bisogno.
Insomma, già ad un primissimo esame a volo d’uccello, il testo governativo presenta mende molto gravi. Saggezza politica e giuridica vorrebbe che, a questo punto, il Presidente Crocetta facesse un passo indietro e, memore delle impegnative promesse formulate in campagna elettorale, favorisse una rapida approvazione del disegno di legge di iniziativa popolare, rimettendo se stesso e tutto il centrosinistra in sintonia con la volontà popolare.

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