mercoledì 30 novembre 2011

La situazione in Sudan

«IL GENOCIDIO È ANCORA EVITABILE».
APPELLO PER I POPOLI DEL SUDAN MERIDIONALE

36420. KHARTOUM-ADISTA. «Nulla fermerà il regime di Khartoum dall’usare ogni mezzo per piegare la volontà dei nuba di affermare il loro diritto all’autodeterminazione. Pare ormai certo che il governo di Omar al-Bashir è deciso a riprendere il genocidio culturale e fisico del popolo nuba (…), e forse anche pronto a provocare una nuova guerra tra il Sudan e il Sud Sudan». L’allarme è stato lanciato, lo scorso 21 novembre, attraverso un appello dal titolo: “Fermiamo un’altra guerra”. ..
(...)I firmatari – Diaspora nuba, Acli Cremona, Acli Milano, Amani Italia, Arci Darfur Milano, Arci Milano, Campagna italiana per il Sudan, Commissione giustizia e pace comboniani Italia, Fondazione Nigrizia onlus, Ipsia Milano, Iscos Emilia Romagna, Koinonia Kenya, Koinonia Roma, Nexus Bologna e Tavola della Pace – chiedono alla comunità internazionale di intervenire per «fermare il massacro» che da qualche mese si consuma al confine tra il Sudan e il Sud Sudan, indipendente dal 9 luglio scorso (v. Adista n. 57/11).
Sul piatto della trattativa tra il governo di al-Bashir (sul quale ancora pende un doppio mandato di cattura dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e genocidio) e il Sudan People’s Liberation Army/Movement (movimento politico oggi alla guida del Sud Sudan), che ha condotto al Cpa (Accordo globale di pace, Kenya, 2005), erano stati sacrificati alcuni gruppi (tra cui i nuba del Kordofan meridionale), che avrebbero volentieri intrapreso un cammino di autodeterminazione per via referendaria, accanto al più “fortunato” Sud Sudan. «L’Accordo globale di pace del 2005 – chiarisce l’appello – non ha voluto affrontare il destino del popolo nuba e di altri gruppi marginalizzati del Sudan, né osato esaminare le molte cause di conflitto presenti in quelle aree. Questa la ragione principale che sta dietro l’attuale ritorno alla violenza, il pericolo di una nuova guerra civile e la possibilità di un conflitto interregionale se non addirittura internazionale».
E così, dopo la secessione del Sud, la repressione delle spinte autonomiste nel Sudan meridionale si è fatta costante e spietata. Rivolgendo poi contro il nuovo Paese l’accusa di fiancheggiare e finanziare la rivolta autonomista, il governo del Sudan ha spinto l’aggressione oltre i suoi confini meridionali, cercando di destabilizzare anche le ricche aree petrolifere che ha perso dopo l’indipendenza.
L’appello è stato lanciato proprio in seguito ad uno dei sempre più frequenti bombardamenti sudanesi oltre confine. Ha destato indignazione il blitz aereo nel campo profughi di Yida (12 morti e una ventina di feriti), «dove – ­ si legge – oltre 20mila persone nuba, per lo più bambini, donne e anziani, avevano trovato scampo, dopo essere fuggiti dai loro villaggi nello Stato sudanese del Kordofan Meridionale, perché vittime di una feroce repressione». Un’azione, osserva l’appello, «compiuta nella più totale mancanza di rispetto delle leggi internazionali». E avvenuta, non a caso, «poche ore dopo che il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir Mayardit, aveva condannato un precedente attacco, avvenuto il giorno 8 contro un villaggio della contea di Maban (7 morti), e accusato il governo di Khartoum di cercare la guerra».
«Invitiamo tutti a fare in fretta, ad agire ora, quando un genocidio vero e proprio è ancora evitabile»: l’appello è rivolto soprattutto ali Paesi europei, all’Onu e alle Ong, affinché inviino osservatori nelle zone colpite dalla repressione ed esercitino pressioni sul governo sudanese» (si può sostenere l’appello inviando la propria adesione a info@developmentdays.net oppure a forum@nigrizia.it). (giampaolo petrucci)

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