MOVIMENTI PER L’ACQUA: CON LA SCUSA DELLA CRISI
SI ESPROPRIA LA DEMOCRAZIA
36391. ROMA-ADISTA. Prosegue la mobilitazione delle associazioni per l’acqua pubblica che, dopo la vittoria ai tre referendum (12 e 13 giugno scorsi) per l’abrogazione del Decreto Ronchi, sono ora convocate per protestare contro la mancata attuazione della volontà popolare. Con il voto, si legge nell’appello del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua dal titolo 26 Novembre. In piazza per l’acqua, i beni comuni e la democrazia (www.acquabenecomune.org), «27 milioni di donne e uomini...
(…) hanno ripreso fiducia nella partecipazione attiva alla vita politica del nostro Paese e hanno indicato un’inversione di rotta rispetto all’idea del mercato come unico regolatore sociale». Eppure – fatta eccezione per la recente ripubblicizzazione del servizio idrico a Napoli (v. Adista n. 80/11) – l’attuazione del risultato referendario sembra sempre più lontana: «La legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua continua a giacere nei cassetti delle commissioni parlamentari, gli enti locali proseguono la gestione dei servizi idrici attraverso Spa e nessun gestore ha tolto i profitti dalla tariffa».
Inoltre, «con l’alibi della crisi e dei diktat della Banca Centrale Europea, il Governo ha rilanciato, attraverso l’art. 4 della manovra estiva, una nuova stagione di privatizzazioni dei servizi pubblici locali, addirittura riproponendo il famigerato Decreto Ronchi abrogato dal referendum». L’appello prefigura una pesante e subdola azione ritorsiva di «governo e Confindustria, poteri finanziari e lobbies territoriali», che hanno tutto l’interesse a sfruttare l’occasione della drammatica congiuntura economica per affossare l’esito delle urne: «Resisi conto che il popolo ha votato contro di loro, hanno semplicemente deciso di abolire il popolo, producendo una nuova e gigantesca espropriazione di democrazia». Il paradosso è dunque stridente: il 26 novembre, occorre scendere in piazza per reclamare il rispetto della volontà popolare espressa con il voto di giugno scorso. Il movimento per l’acqua pubblica si prepara così a lanciare la grande campagna nazionale “Obbedienza civile”, cioè «una campagna che, obbedendo al mandato del popolo italiano, produrrà in tutti i territori e con tutti i cittadini percorsi auto organizzati e collettivi di riduzione delle tariffe dell’acqua, secondo quanto stabilito dal voto referendario».
Il passaggio storico è drammatico, avverte il Forum, e richiede un allargamento dell’azione di lotta: «Quello che avviene per l’acqua è solo il paradigma di uno scenario più ampio dentro il quale si colloca la crisi globale. Un sistema insostenibile è giunto al capolinea. I poteri forti, invece di prenderne atto invertendo la rotta, ne hanno deciso la prosecuzione, attraverso la continua restrizione del ruolo del pubblico a colpi di necessità imposte dalla riduzione del debito e dai patti di stabilità, la consegna dei beni comuni al mercato, tra cui la conoscenza e la cultura, lo smantellamento dei diritti del lavoro anche attraverso l’art. 8 della manovra estiva, la precarizzazione dell’intera società e la conseguente riduzione degli spazi di democrazia». (giampaolo petrucci)
(…) hanno ripreso fiducia nella partecipazione attiva alla vita politica del nostro Paese e hanno indicato un’inversione di rotta rispetto all’idea del mercato come unico regolatore sociale». Eppure – fatta eccezione per la recente ripubblicizzazione del servizio idrico a Napoli (v. Adista n. 80/11) – l’attuazione del risultato referendario sembra sempre più lontana: «La legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua continua a giacere nei cassetti delle commissioni parlamentari, gli enti locali proseguono la gestione dei servizi idrici attraverso Spa e nessun gestore ha tolto i profitti dalla tariffa».
Inoltre, «con l’alibi della crisi e dei diktat della Banca Centrale Europea, il Governo ha rilanciato, attraverso l’art. 4 della manovra estiva, una nuova stagione di privatizzazioni dei servizi pubblici locali, addirittura riproponendo il famigerato Decreto Ronchi abrogato dal referendum». L’appello prefigura una pesante e subdola azione ritorsiva di «governo e Confindustria, poteri finanziari e lobbies territoriali», che hanno tutto l’interesse a sfruttare l’occasione della drammatica congiuntura economica per affossare l’esito delle urne: «Resisi conto che il popolo ha votato contro di loro, hanno semplicemente deciso di abolire il popolo, producendo una nuova e gigantesca espropriazione di democrazia». Il paradosso è dunque stridente: il 26 novembre, occorre scendere in piazza per reclamare il rispetto della volontà popolare espressa con il voto di giugno scorso. Il movimento per l’acqua pubblica si prepara così a lanciare la grande campagna nazionale “Obbedienza civile”, cioè «una campagna che, obbedendo al mandato del popolo italiano, produrrà in tutti i territori e con tutti i cittadini percorsi auto organizzati e collettivi di riduzione delle tariffe dell’acqua, secondo quanto stabilito dal voto referendario».
Il passaggio storico è drammatico, avverte il Forum, e richiede un allargamento dell’azione di lotta: «Quello che avviene per l’acqua è solo il paradigma di uno scenario più ampio dentro il quale si colloca la crisi globale. Un sistema insostenibile è giunto al capolinea. I poteri forti, invece di prenderne atto invertendo la rotta, ne hanno deciso la prosecuzione, attraverso la continua restrizione del ruolo del pubblico a colpi di necessità imposte dalla riduzione del debito e dai patti di stabilità, la consegna dei beni comuni al mercato, tra cui la conoscenza e la cultura, lo smantellamento dei diritti del lavoro anche attraverso l’art. 8 della manovra estiva, la precarizzazione dell’intera società e la conseguente riduzione degli spazi di democrazia». (giampaolo petrucci)
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