Vi proponiamo queste bellissime riflessioni natalizie dono di Padre Gianni.Notari SJ
La fragilità dell’uomo e il cuore di Dio
Oggi attraversiamo una situazione di crisi che non è solamente economica ma anche sociale, etica, esistenziale. Una crisi che ha messo in discussione la nostra autosufficienza, i nostri stili di vita, il modo di rapportarci alla realtà e che ha richiamato l’attenzione sulla prevaricazione della dimensione economica sugli aspetti affettivi e relazionali dell’esistenza.
La crisi per molti – i più fragili, gli esclusi – significa ...(...)
perdita di autonomia, affanno, povertà. Le fotografie scattate dagli istituti demoscopici, a tal proposito, danno la misura dell’incidenza del fenomeno e dell’aumento di quanti versano in condizioni di povertà. Cifre dietro le quali vi sono storie di bambini, di uomini e di donne senza risorse, che non possono far fronte alle più elementari esigenze: non possono mangiare, non possono riscaldare la casa o la casa non ce l’hanno più. Il pensiero va alle mense della Caritas sempre più frequentate dai nuovi poveri e a quanti si rivolgono alle parrocchie per trovare ascolto in un mondo che troppo spesso non dedica attenzione alle richieste di aiuto, che volge lo sguardo dai meno fortunati. Questi sono implicitamente considerati i “perdenti”, coloro che hanno “fallito”. Residui, o meglio, “rifiuti”. Le loro esistenze sono “scartate” e private della legittimità di stare a questo mondo.
Non tutti sono ugualmente colpiti da questa crisi. Alcuni sono più fortunati, riescono a mantenere il proprio tenore di vita e non si curano di chi “cade”.
Riflettiamo su quello che succede attorno a noi.
Questo Natale, per tutti, può essere il momento per mettere in discussione un modello di vita basato sul consumo che ci ha portati a perdere di vista gli aspetti più “umani” della nostra esistenza. Come diceva H. Arendt, infatti, «nel processo di miglioramento del mondo abbiamo dimenticato cosa significa vivere». Abbiamo accettato di imprigionare la nostra esistenza nel ruolo di lavoratori e consumatori, relegando ai margini, ai ritagli di tempo, tutte quelle dimensioni relazionali che ci qualificano come persone. I messaggi mediatici da cui siamo bombardati ci dicono che dobbiamo avere, apparire, affermarci. E questi messaggi li seguiamo docilmente, ci seducono quotidianamente, anche se non lo ammettiamo. Li abbiamo fatti nostri e condizionano le nostre scelte più di quella parola di Dio che, invece, dichiariamo di seguire.
A quella Parola dobbiamo oggi tornare.
La memoria della nascita di Gesù ci offre la possibilità di non lasciarci schiacciare dalla tristezza e dagli eventi. Perdere “cose”, oggetti, può farci guadagnare l’opportunità di ritornare a una dimensione di relazioni, a una quotidianità che si gioca su ciò che è essenziale.
Gesù ci indica che questo mondo è veramente tale se ha un cuore: il cuore di Dio.
Il bambino di cui celebriamo la nascita, infatti, si ripropone ancora come il cuore del mondo e può, se riconosciuto tale, aprire il nostro animo alla possibilità di guardare con più fiducia al futuro. Non possono essere solo le ragioni del mercato ad avere il sopravvento.
Questo bambino accoglie le nostre sofferenze e, senza cancellare il dubbio che ci affanna, illumina il nostro cuore, ci offre prospettive che vanno al di là delle difficoltà. Ci anima a tal punto da tornare protagonisti delle nostre stagioni di vita. Egli incarna con la sua vita l’amore; non l’indifferenza, l’egoismo e la sopraffazione. Ci insegna a non volgere lo sguardo dai più poveri, dagli esclusi. A dare nuovi significati al mondo in cui viviamo e a noi stessi.
Questo momento storico, dunque, deve essere occasione per dare un nuovo senso alla nostra vita; un senso che non sia legato solamente al valore economico ma che, partendo da una ritrovata sobrietà, ci aiuti a incarnare nella quotidianità quei valori evangelici che troppo spesso rimangono principi astratti, declaratorie dietro cui si cela uno stile di vita ipocrita ed egoista.
Proviamo, in questi giorni, a chiederci cosa significa guardare il mondo con gli occhi di Gesù bambino. Impegniamoci a riflettere su di noi; su quello che siamo; sui nostri “valori”, obiettivi e priorità. Su quelli dichiarati e su quelli effettivamente perseguiti nella quotidianità. Riflettiamo sul nostro mondo, su questa società e proviamo a darci nuove coordinate, a fare qualche cosa di concreto per intervenire sulle tante ingiustizie, ad attivarci perché la nostra città sia migliore, più solidale.
Una ritrovata sobrietà può aiutarci a cogliere in profondità le ragioni di un Dio che si fa carne della nostra carne; solo la povertà nello spirito, senza l’ossessiva tensione al possesso di cose, ci permette di cogliere la grandezza e il valore dell’amore benevolo di Dio che ci dona suo figlio Gesù.
È un Natale carico di inquietudine e incertezza. Non lasciamoci, però, sopraffare dalla rassegnazione ma trasformiamo tutto ciò in un momento creativo volto a migliorare l’esistente. Sfruttiamo questo momento di crisi economica per mettere in “crisi” anche i riferimenti sui quali abbiamo troppo spesso passivamente organizzato la nostra vita.
E chissà che non riusciremo a costruire un futuro più autentico, a imboccare una nuova direzione riscoprendo essenzialità e autenticità.
P. Gianni Notari
domenica 25 dicembre 2011
La fragilita' dell'uomo e il cuore di Dio.Auguri di Buon Natale da Padre Gianni Notari
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