sabato 31 dicembre 2011

Richiamo agli intellettuali palermitani


di Mario Guglielmino

In un articolo a sua firma il prof . Nino Alongi- Repubblica -Palermo del 30 12 2011 - illustre giornalista, ex docente di Storia e Filosofia , protagonista a largo spettro della primavera di Palermo in eta’ Orlandiana , interviene a commentare e descrivere lo stato dell’arte nel lungo cammino che da qui portera’ la cittadinanza di Palermo al voto per il rinnovo del consiglio comunale e del sindaco.




Il prof .Alongi mette l’accento in particolare sul numero biblico di candidati a sindaco e sull’assenza totale di riferimenti programmatici tra le compagini attualmente in lizza.
Quindi esprime sfiducia verso gli apparati di partito perche’ ormai lontani dalla vita dei cittadini , e giudica con punte nostalgiche...(..)








 ma anche relativo pessimismo la realta’ dei nascenti movimenti civici i quali sarebbero ancora oggi afflitti da un bisogno assoluto di individuazione della solita figura carismatica nella quale poter confidare perche’ esplichi poteri taumaturgico politici e riti di salvazione collettiva.

Questo in buona sintesi, e spero e credo di aver colto bene , il contenuto dell’articolo.

Siano concesse, come e’ d’uopo di fronte a simili importanti stimoli al dibattito provenienti dalla carta stampata, alcune considerazioni .

Intanto un merito del prof Alongi e’ quello di aver posto ancora una volta il dito sulla vera piaga costituita dalla distanza dei “ caveau “ delle segreterie dei partiti dal cuore pulsante della societa’ civile e della gente che vive sulla propria pelle i problemi del pane quotidiano e cerca di trovare anche positive soluzioni o lungimiranti progettualita’, ricevendo  dai  responsabili eletti  nelle  liste  partitiche  per tutta risposta se non propriamente un muro e totale indifferenza e insensibilita’ almeno sterili discorsi di alleanze e mera rappresentanza di interessi faziosi e corporativi, non fondati quindi sull’idea di bene comune.

Altro merito e’ quello di aver sottolineato ancora una volta la certa vitalita’ del movimentismo civico , pur denotando in esso la pecca del velleitarismo .

Ed e’ proprio su questo tema che adesso intendiamo concentrare la nostra critica all’autorevole osservatore e porre un punto di domanda , una nostra perplessita’ che dovra’ nel tempo trovare chiarimento .

Pare infatti che da tante parti giunga il richiamo al nuovo, al desiderio e alla necessita’ inderogabile di riforma e rinnovamento della politica e della classe dirigente. Anche  dal  mondo  della  cultura, seppure  con intensita' minore  e  minore  propositivita' rispetto a  quanto  ci  si  apetterebbe  e  sarebbe  auspicabile.

E dalle stesse voci giunge paradossalmente una sorta di soffusa e sapiente distesa coltre aurea di discredito e non provato giudizio di velleitarismo su  chi  di fatto  e  concretamente  prova  a  mettersi  in  gioco per  il  bene  di  tutti. Essa viene dispiegata non solo  sul  fradiciume ma  anche su quanto v’e’ di davvero nuovo, interessante, vitale e non ammuffito dagli anni .

E’ come se da una parte si dicesse e si gridasse “ Nuovo ! Nuovo !” pregando la storia che partorisca l’infante.

E contemporaneamente , quasi stoltamente, si vorrebbe  che l’infante nascesse gia’ formato e dotato del crisma sacrale del politico navigato a capo di enormi correntoni e consensi di debordanti folle , con pronte  ricette di guarigione in mano.

Noi riteniamo che sia invece l’Alongi ( e con lui altri intellettuali palermitani e osservatori pur navigati disillusi e disincantati dalla politica ) a cadere nell’errore opposto, cioe’ nel cercare ancora nei vecchi canoni e criteri la rassicurante forma dell’espressione del consenso e delle modalita’ di ramificazione del “potere” e dell’autorevolezza politica.

Chi come il nostro  professore  pensa a un ruolo minoritario dei movimenti odierni , a nostro avviso non ne ha compreso e non ne  incoraggia affatto fino in fondo la portata , la potenzialita’ , le spinte originali e autentiche ,  il passaggio di registro subito rispetto ai tempi della prima primavera  (per intenderci ) palermitana  (speriamo  non ultima). E  con  questo  giudizio  non li  aiuta   e,  al  di  la'  delle pur doverose critiche  e note  sui talloni  d'Achille,  di questo  movimento  delle  coscienze sa  offrire soltanto una  lettura  pessimistica  e  alla  fine  nichilistica  a  chi gia' e'  legittimamente  deluso tanto  da   affacciarsi  alla  politica  al massimo solo  leggendo  i  giornali.

Ecco l’atto d’accusa : l’intellettuale palermitano , l’uomo di cultura anche onorevolmente impegnato con una  sua  storia  , l’esponente di una certa intellighentia anche non di parte, laico in tutti i sensi,  sembra produrre solo mugugni e paternali rimbrotti . Si e’di fatto assopito sul guanciale di un aureo passato caduto da subito in rovina  a  sentenziare la meschinita'  delle attuali  forze  in campo. E' stato  omologato  alla  critica  di  spessore  simile  allo  "Striscio  della  notizia ", appunto una  notizia  che  ci  striscia  e si struscia  presso  noi  superficialmente senza  davvero  alla fine  toccarci  nel profondo  vitale, "senza richiedere    impegno"  per  evitare  ulteriori  frustrazioni,senza  impegno  per  la  paura  di  ricevere  bastonate  dall'impegno. Una  notizia  capace di  suscitare  solo  un atto  di  protesta. L'indignazione senza  sbocco  operoso  che  molti  criticano  nelle  diverse modalita'   della  societa'  civile  e'  in  fondo  mal  comune  degli intellettuali e  del  mondo  della  cultura  palermitano,ormai  reso  anodino ai  richiami  del  mondo  politico. Un intellettuale ,in fin dei  conti,disilluso  e persino disimpegnato .
Una  critica  senza  impegno  e'  morta.

Non una spinta , non una chiave positiva , non una lettura aperta al cambiamento, ma sempre a meta’ tra un passato glorioso e fallimentare che  si ritiene storicamente necessariamente ridondante.

A parte  rarissimi  controesempi.

Qui sta la presunzione e il peccato d’origine. E’ come se gli intellettuali della vecchia primavera palermitana si siano fermati a dire : se non allora , non piu’!

Mozzando cosi' ogni speranza di rinascita.

Non abbiamo bisogno di mugugni,caro dott.Alongi, ma di capitani dalle anziane e salde rotte ,che ci  offrano possibili  vie per  attraversare le odierne  sfide  e  colonne  d'Ercole.
Non abbiamo  bisogno di pavidume.
Ne',e' vero , di incoscienti.
Ma  oggi  chiunque si interessi  finalmente e  di nuovo  della  cosa  pubblica  non puo' essere  considerato  incosciente. Incosciente  semmai  sara' chi  nonostante  tutto  attende  ancora  il profeta o la  formula  perfetta, o il nastro  e  le  condizioni meteo  favorevoli  alla partenza.
Vogliamo  lasciare  quindi la  citta'ancora  una  volta   in mano  a  chi  forse  dolosamente  e  per  fini  non  poi  cosi'  difficilmente scrutabili  ne  ha  provocato  il  disastro ? o a  simili eccelsi strateghi  della  stessa  genia ?
La prossima  volta    non  so  se  troveremo  una  citta'  o un cumulo di macerie.


Gli uomini di cultura palermitani riposano per lo  piu'  in un nostalgico e  letargico  rimpianto di una primavera mai compiuta , un aureo periodo fallito in una sorta di coitus interruptus della partecipazione, infante annegato immediatamente storicamente nelle acque del prorompente e  addiveniente  Lete Berlusconico .Il trauma derivante ha provocato una sorta di  fissazione cognitiva e macanza di fiducia nella reiterazione di alcune positive modalita’ partecipative che comunque rimangono il punto di partenza per un ogni nuovo modo di concepire la politica e il governo della citta’.

Proprio all’intellighentia palermitana manca oggi quindi quella visione prospettica allargata e lungimirante , la sola che potra ‘ permettere il ritorno  di una primavera mite.

E i movimenti hanno bisogno piu' che  mai dell’apporto degli intellettuali per quel progetto organico ,per quella visione d’insieme che sola puo’ salvarli dall’improvvisazione e dallo stile dell’emergenza ,che serve a dare risposte anche immediate ma mai per affrontare il problema nella globalita’ .

Un pessimismo prospettico tradito anche dalla considerazione, del tutto infondata , dell'assenza  dei  programmi.
Un  programma  organico  e  ben nutrito  da  costanti integrazioni (  e'  aperto  a  tutti  i  cittadini per  contributi ) e'  intanto  ben  evidenziato in prima  pagina e per  altre  54  pagine , sul sito  del movimento  Palermo  Piu'  che  sostiene  il  candidato  Ferrandelli. E' un programma  partecipato, frutto  del  lavoro  dei  movimenti,quindi  lontano  da qualsiasi  soluzione   calata  dall'alto. La  citta'  osserva  se  stessa  tramite  i  suoi  stessi  cittadini e  primi  attori  e interessati.
Anche  sulle tracce di  altri  candidati  (vedi  ad  es  Faraone )  possiamo trovare importanti  spunti  programmatici .

Soffermarsi  a   leggere  qualche  programma    e' forse  piu'  faticoso  che  penzolare  nel  fatalismo dell'amaca  gattopardiana ?

Altra sensazione ricorrente e’ che i giornali si presentino in questo momento a garanti e interpreti di una partita politica che risulta invece assente  nella  sostanza. Assumendo di fatto il ruolo di un grande fratello che orienta e condiziona pesantemente persino le scelte dei  singoli . Ne abbiamo testimonianza e contezza  :  nel divario sempre  piu'  marcato tra la titolistica e il testo giornalistico, oltre che nelle differenze davvero pesanti riscontrate nei comunicati ufficiali rispetto a quanto riportato sui canali  di informazione . Una buona fetta della partita si giochera’ sull’informazione e sulla stampa. Di cio’ dobbiamo rimanere ben accorti. E adottare l’evangelico "semplici come le colombe e prudenti come i serpenti". Ma sulla questione dei media dedicheremo un altro articolo .Il nostro timore e’ che le letture e i titoli dei giornali siano destinati stavolta a influenzare molto piu’ l’opinione pubblica di quanto non  sia  avvenuto  le volte precedenti.

Un 'ultimo  cenno deve  andare ,per  completezza  al  recente intervento del presidente  Napolitano.
Interroghiamoci  sulla attuale  classe  politica  . Autorevole  e forte giunge  il duro  giudizio .Nani rispetto  ai  giganti del passato .
Occorre  rifondare una  classe  dirigente  adulta , consapevole,  non solo fondata  sul lobbismo, ne'  al limite  su  teorie  economiche e del  lavoro  diverse  anche  se  al pari  giuste, ma  in primo  luogo  ristabilire un minimo  di umanesimo  necessario  ad  arginare  le  derive e  le  crisi della  contemporaneita'.
E  per  cio' la  cultura  e  gli intellettuali  sono  chiamati a  far  la  propria  parte.


MArio  Guglielmino

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